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La Thomas Dane Gallery di Napoli è onorata di presentare Father and Son, di Akram Zaatari, che aprirà ad aprile 2024; la terza di Zaatari con la galleria, e la prima grande mostra personale dell’artista in Italia.
Akram Zaatari (nato nel 1966 a Saida) ha svolto un ruolo fondamentale nello sviluppo dell’infrastruttura formale, intellettuale e istituzionale della scena artistica contemporanea di Beirut. Ha prodotto più di cinquanta film e video, una dozzina di libri e innumerevoli installazioni di materiale fotografico, tutti accomunati dall’interesse per la scrittura di storie e dalla ricerca di documenti e oggetti, tenendo traccia del loro passaggio di mano, del recupero di narrazioni e collegamenti mancanti che sono stati nascosti, smarriti, persi, ritrovati, sepolti o scavati. L’azione stessa dello scavare è diventata emblematica della sua pratica, mentre agisce per ripristinare le connessioni perse nel tempo o a causa di guerre e dislocamenti. Zaatari ha dedicato una cospicua parte del suo lavoro alla ricerca e allo studio delle pratiche fotografiche nel mondo arabo e ha contribuito senza compromessi al più ampio discorso sulla conservazione e sulla pratica archivistica.
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Radicata in questa pratica di ricerca, la mostra di Zaatari a Napoli ripercorre il concetto della ‘restituzione’ nel lavoro dell’artista, espresso principalmente attraverso testi, documenti e fotografie che rivisitano descrizioni e ricreano oggetti o legami un tempo esistenti e ora andati perduti. La mostra presenta opere degli ultimi vent’anni realizzate con diversi media, a partire dal video di due ore Ain el Mir (2002), in cui l’artista cerca una lettera sepolta che non ha mai raggiunto la sua destinazione. Si passa poi all’opera più recente di Zaatari, Father and Son (2024), in cui i sarcofagi di due re fenici (padre e figlio), separati dall’antichità, vengono riuniti. Il progetto è accompagnato da una serie di nuove opere su carta che guardano al Mediterraneo come luogo di scambio, sradicamento e movimento attraverso i millenni.
Tra queste opere Archeology (2017), Photographic Currency (2019) e Venus of Beirut (2022) e un nuovo lavoro, Ibrahim and the Cat, For Inji Efflatoun (2024), sono tutti impegnati nel processo di ri-creare oggetti scomparsi o mai prodotti. Il bassorilievo in ottone Ibrahim and the Cat – realizzato con artigiani di Napoli – dà nuova forma a una fotografia dimenticata scattata dal padre dell’artista egiziano Inji Efflatoun per realizzare un dipinto che non vide mai la luce.
L’idea di Zaatari di ‘dar vita a cose che non esistono nel presente’ si applica anche alla ri-creazione di un monolite di pietra utilizzato per sigillare la tomba del re Tabnit, completamente distrutto quando il di lui sarcofago fu tirato fuori nel 1887. All that Refuses to Vanish: The Tabnit Monolith (2022) è stato realizzato a partire dai disegni e dagli appunti lasciati dallo statista e pittore ottomano Osman Hamdi durante i suoi scavi nella necropoli di Sidone.
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Father and Son è il titolo di un gesto performativo che un tempo mirava a riunire i sarcofaghi del re Tabnit, attualmente esposto al museo di Istanbul, e quello di suo figlio, il re Eshmunazar II, attualmente al Louvre di Parigi. In prima istanza i due sarcofaghi furono portati dall’Egitto a Sidone prima del 500 a.C. e riutilizzati da una famiglia di re cananei per seppellire i reali. Si tratta di sarcofaghi antropoidi tipici del tardo periodo egizio, scolpiti in pietra di anfibolite nera sotto la XXVI dinastia. Una volta a Sidone, la superficie esterna del coperchio del sarcofago di Eshmunazor fu raschiata per intero, cancellando un testo funerario in egiziano antico, prima di essere inciso con ventidue righe in fenicio. L’iscrizione in egiziano antico sul sarcofago di Tabnit è stata trovata intatta; un breve testo in fenicio è stato iscritto ai piedi del sarcofago.
I due sarcofaghi sono emersi da due scavi distinti condotti in luoghi diversi di Sidone in due date diverse, a 32 anni di distanza. Hanno avuto luogo prima e dopo l’introduzione della legge ottomana sulle antichità del 1884. Per questo motivo l’esportazione del sarcofago di Eshmunazor II, ritrovato da Alfonse Durighello nel 1855, fu perfettamente lecita, secondo le leggi dell’epoca. Il sarcofago di suo padre fu rinvenuto nel 1887 all’interno di una tomba scoperta da un muratore locale di nome Muhamad al-Sharif (Mehmet Sherif), che segnalò il ritrovamento di reperti archeologici ai funzionari del wilayet.
Così fu che Osman Hamdi Bey, artista e fondatore del Müze-i Humayun di Costantinopoli, giunse a Sidone con la missione di dissotterrare e spedire i reperti. Il ritrovamento del sarcofago di Tabnit ha fornito al mondo importanti indizi su come potesse apparire il sarcofago di Eshmunazor prima che venisse rasato.
Father and Son: A Mother’s Voice riunisce, metaforicamente, i sarcofagi di padre e figlio in un allestimento che racconta le loro attuali esposizioni a Parigi e Istanbul. L'installazione è una sorta di "oggetto informato" che commemora il tentativo di una madre di iscrivere sé stessa nella storia attraverso il testo funerario del figlio, e di traslare la percezione della discendenza padre/figlio nella direzione di una trinità.
Momento 1
18.04.24
Il titolo Father and Son richiama la discendenza, la continuità e il trasferimento da maschio a maschio di conoscenze, eredità o potere. Tuttavia implica l’esistenza di una terza figura cruciale per la riproduzione: quella della madre, che non è menzionata nell’iscrizione di Tabnit ma che viene messa in evidenza nel testo funerario del figlio, di cui potrebbe essere stata autrice o committente. Emashtart, sacerdotessa di Astarte, deve aver svolto un ruolo importante nell’assicurare che il marito e successivamente il figlio fossero sepolti secondo i loro desideri. Ma dopo di loro perse il potere, e Bodashtart, nipote di Tabnit, diventò re. Il testo funerario di Eshmunazor II suggerisce che, dopo la morte del marito, ella abbia avuto un ruolo sempre più influente, che abbia condotto una guerra ed eretto un tempio per la divinità cananea Eshmun. L’ipotesi è che Emashtart sia stata sepolta in un sarcofago nero incompleto e senza iscrizioni, ritrovato nello stesso ipogeo della tomba di Tabnit.
Questa prima fase dell’installazione è una rappresentazione del sarcofago di Eshmunazor II ispirata alla sua esposizione del 1997 presso la Crypte Marengo, al Museo del Louvre, a 3212 km da Sidone. È rappresentata schematicamente ponendo in evidenza il graffio sulla palpebra inferiore, che nell’espressione del viso scolpita nella roccia nera restituisce l’idea del pianto, mentre l’importante iscrizione in fenicio è dislocata, specularmente, nella sua ombra.
Momento 2
20.05. 24
Il secondo momento di questa installazione celebra il ritrovamento del sarcofago del re Tabnit, trentadue anni dopo il rinvenimento di quello del figlio.
Il sarcofago è oggi esposto al Museo di Istanbul: è disteso orizzontalmente a 969 km da Sidone. La sua installazione, trentadue giorni dopo il momento 1, indica, simbolicamente, il trascorrere di trentadue anni. Tabnit è rappresentato come un bassorilievo, disteso sul pavimento dietro il sarcofago del figlio, in modo che i due proiettino un’unica ombra, con le iscrizioni fenicie presenti su entrambi i sarcofagi. Data la loro posizione in due musei nazionali che hanno ereditato molti degli attriti tra la Francia e l’Impero Ottomano, ovvero il Museo del Louvre e quello di Istanbul, questa specifica installazione dei due sarcofaghi rappresenta il tentativo di superarne l’impossibile riunione reale. I due sarcofagi sono qui uniti in un’unica ombra che li fonde in uno spazio immaginario il quale a sua volta forgia uno spazio per la madre, in modo che l’insieme venga percepito come una trinità.
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An Extraordinary Event, 2018
inkjet print, in 8 parts
44.6 x 35.7 x 3.5 cm.
17 1/2 x 140 1/2 x 1 ½ in.
Photographs are based on Abdul-Hamid Album #91533. Courtesy of Rare Books Library, Istanbul University.
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Archeology, 2017
Pigment inkjet print on gelatin treated glass, acrylic medium and sand
Floor standing preservation flood light
210 x 317 x 115 cm.
82 3/4 x 124 3/4 x 45 1/4 in.
Photograph courtesy of the Arab Image Foundation
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Per richieste di informazioni sulla mostra e sulle vendite si prega di contattare: Clare Morris clare@thomasdanegallery.com
Per richieste di informazioni stampa si prega di contattare: Patrick Shier: patrick@thomasdanegallery.com